Riviste vietate ai minori
Valentina
Valentina - Martedì 19 Dicembre 2017

L' intramontabile fascino nella carta stampata delle Riviste vietate ai minori

Ero una ragazzina più che adolescente ed il mio primo lavoro fu nel mondo della pornografia. Intendiamoci, pur avendo le caratteristiche fisiche per fare l'attrice e non nascondo ancora una certa pruriginosa voglia ripensandoci, fu il mondo dell'editoria per adulti ad ospitare le mie “perfomance” artistiche verso la fine degli anni ’80.

Poco più che ventenne rispondendo ad un annuncio di lavoro grafico/pubblicitario, mi trovai catapultata in uno studio romano che impaginava riviste rigorosamente vietate ai minori. Sì, proprio quelle Riviste vietate ai minori che i maschietti miei coetanei riempivano di desiderio lasciando poi incollate le pagine con le foto più belle. 

La mia giornata di lavoro iniziava alle 9:00 e fino alle 18:00 era un susseguirsi di foto hard da ingrandire, tagliare, posizionare e di testi da impaginare.
Il termine "fotocolor" oggi non ha più senso, ma agli inizi degli anni ‘90, quando ancora i computer erano uno strumento misterioso, era sinonimo di fotografia per rivista.
Immaginate delle grosse diapositive. Quelli erano i “fotocolor”. Ti chiudevi in camera oscura, posizionavi il fotocolor sulla “repro-camera”, una sorta di macchina
fotografica al contrario provvista di due controlli analogici: con una manovella ingrandivi o rimpicciolivi il contenuto del “fotocolor” che veniva proiettato sulla gabbia del lucido di composizione, con l'altra mettevi a fuoco l'immagine e quando tutto era perfetto la fotografia veniva stampata su pellicola pronta per essere incollata nella posizione e nelle dimensioni richieste dall’impaginazione. Confesso che avrei voluto una terza mano con cui prendermi cura della mia gattina che spesso in camera
oscura miagolava con una certa bagnata insistenza.

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La mia è stata un'educazione abbastanza ecclesiale e i miei genitori non sapevano che per lavoro, ogni giorno avevo a che fare con peni rigonfi e turgidi e vagine rosa morbide e tumide. Io stessa appresi che il mondo della pornografia stampata era un mercato pieno di sfaccettature e di sfumature, di interessi e voglie per nulla celate.
Riuscite ad immaginate la mia faccia quando scopro che il mio primo articolo da impaginare ha i testi redatti da due scrittici sessantenni e le foto ritraggono un gruppetto amoroso dove nel finale la protagonista viene posseduta contemporaneamente da tutti e tre i suoi amanti davanti, sotto e dietro? Non credevo fosse possibile, o meglio, non ci avevo mai pensato.

L' ufficio in cui lavoravo era composto per lo più da colleghi uomini che, citando Jessica Rabbit, giravano con un "coniglio in tasca" dalla mattina alla sera.

Noi donne siamo in un certo senso più fortunate, non abbiamo evidenti reazioni fisiche agli stimoli visivi, ma devo confessare che più di una volta mi è capitato di uscire dalla camera oscura con il viso, le guance ed il collo arrossati ed i capezzoli all’insù, non tanto per la fatica lavorativa, quanto per la parossistica eccitazione. Resistere alla tentazione di lasciar scivolare una mano dentro le mutandine alle volte era davvero insopportabile.

Vi svelo un piccolo segreto. Molto spesso le scrittrici dei testi non avevano idea delle immagini che poi avrebbero accompagnato il loro articolo. Il capo redattore decideva il genere delle foto, la quantità di pagine da dedicare al "servizio" (o servizietto), più o meno la quantità di parole da scrivere e comunicava il tutto alla coppia creativa.
Nomi, luoghi, personaggi e situazioni erano inventati di sana pianta, che tanto poi come diceva il capo:  "Questo è un pornazzo, chi vuoi che se li legga i testi?".

Ed in effetti a pensarci aveva ragione: con una mano reggi la rivista e con l'altra di sicuro non sfogli le pagine, figurati se hai il tempo di leggere :) .
Devo ammettere che il mio genere preferito era il "Lesbo-chic". Quello con lingerie e latex, tacchi a spillo e giocattoli erotici, mutandine “strap-on” e inquadrature a figura intera con sensuali giovani modelle pronte a scambiarsi intimi baci umidi sulla fragolina aperta e bagnata di femminile setosa rugiada.

Scoprii ben presto che la quantità di generi editoriali era pressoché infinita. Realizzavamo riviste per “scambisti”, “omosessuali”, “Bondage e sado-maso”, “fetish” e “teen-ager”. Le foto molto spesso erano di provenienza svedese o francese, altre volte arrivavano dall'America. Furono proprio le immagini di produzione statunitense a farmi capire che il mercato stava assumendo una nuova "dimensione" professionale.
Al di là delle luci da studio, del taglio fotografico sempre più impostato su primi piani e dettagli, furono gli stalloni americani ad impressionarmi. Le dimensioni, che fino a quel momento erano normali, eccezion fatta per il leggendario John Holmes, divennero prorompenti.

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E lo ammetto, ancora adesso scrivendo, il mio viso si fa rosso, il respiro aumenta così come i battiti del cuore e stringo forte le gambe, accavallandole e strusciandomi sulla sedia mentre sento le mutandine stringersi intorno alla mia “cicciolina”... colta la citazione?
Quel giorno in camera oscura non riuscii a resistere, misi a fuoco tutte le foto e lasciai che le mie dita trovassero il mio sesso, intrufolandosi esperte e birichine in esso, scivolando sul bottoncino magico e mi regalai un silenzioso (quasi) orgasmo da sogno. Persi la sensazione del tempo. Qualcuno bussò nonostante la luce "occupato" fosse accesa. Ritrassi le dita umide, le asciugai sulle mutandine, presi i miei lucidi e a testa bassa uscii dalla camera oscura.

La prossima volta vi racconterò di come la chirurgia estetica abbia reso le attrici porno, bambole da sogno per maschietti eccitati... ve la ricordate Silvia Saint? L’ho incontrata a Roma.

Ron Jeremy, Gabriel Pontello, un giovanissimo Peter North o Shawn Michael erano modelli dalle misure notevoli. Osservando le foto provavo un misto di eccitazione e paura all' idea di venir posseduta da peni così imponenti, ma non potevo sottrarmi alla fantasia di giocare con quei membri così duri, grossi e venosi. Le immagini di me presa a forza da quegli stalloni tutti insieme come nel mio primo articolo, scorrevano nella mia mente senza sosta; l'idea di sentirli pulsare nel mio ventre, di scorrere la mia lingua su di essi e la mia bocca piena, soffocata da tale prorompenza, mi faceva eccitare da morire e sentivo pulsare la mia femminilità di un calore e di un desiderio rovente mai provato prima.

Valentina.

Valentina
Valentina
Ho i capelli ricci e gli occhi verdi. Ho 39 anni,sono alta circa 170 cm, ho le mani dalle dita affusolatee un bel fisico. Vesto alla moda, in prevalenza abiti firmatidi collezioni Made in Italy. Adoro le scarpe con i tacchi e le borse.Ho una predilezione per l' intimo sexy, tipo Agent Provocateur eadoro il latex, ma non ditelo in giro.
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